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“Digital e genderless: la London Fashion Week si reinventa”

“Digital e genderless: la London Fashion Week si reinventa”

Arriva all’improvviso, ma non del tutto inaspettata, la notizia che la London Fashion Week si terrà online, a partire da Giugno 2020, su una piattaforma dedicata no-gender. La pandemia di Covid 19 non lascia altra scelta che il digitale e, d’altro canto, la soluzione no gender è l’approdo finale – e felice – di una lotta per la parità dei generi che è cominciata cinquant’anni fa. 

Non è neanche un caso che Londra si faccia avanti per prima, dicendo ad alta voce ciò che tutti pensano e rimuginano senza avere il coraggio però di arrischiare una mossa. Sebbene siamo consapevoli che indietro non si torna, la maggior parte di noi è bloccata – pietrificata – e non si decide proprio a muovere il primo passo verso il futuro. Forse ci illudiamo che se stiamo fermi e immobili il fulmine ci risparmierà. Più probabilmente stiamo solo facendo pace con ciò che sta succedendo e il processo, si sa, richiede tempo. 

Gigi Hadid by MAURICIO CALERO

La decisione presa dal British Fashion Council apre le porte ad un futuro ancora tutto da immaginare. Idee e sperimentazione hanno finalmente, dopo decenni, orecchie disposte ad ascoltare e terreno fertile in cui crescere. La catena va ripensata dalla A alla Z. 

Si parla, innanzitutto, di sostenibilità. Trasferire la fashion week online comporta un taglio netto alle spese che sfilate ed eventi richiedevano. Da un lato bisognerà pensare a tutte le perdite che questo evento causerà: si tratta non solo del settore, ma anche di tutti quei satelliti che per anni hanno gravitato intorno agli eventi, come ristorazione, catering, allestitori. D’altro canto però, i marchi si ritroveranno con un budget più alto e potranno decidere individualmente dove spendere i risparmi. Noi speriamo che in molti utilizzeranno il surplus in modo intelligente, pensando alla produzione. Sostenibilità in tutti gli step, dalle materie prime e chi le produce, fino ai punti vendita e gli imballaggi. 

La moda con l’uomo al centro sarà anche una moda più democratica, o almeno è quello che ci auguriamo. La London Fashion Week è stata la prima a mettere in vendita i biglietti per partecipare alle sfilate. Ora, con le passerelle digital, ci chiediamo se sia ancora necessario. Su internet i posti sono illimitati, non ci sono red carpet nè front row. Chi avrà accesso alle sfilate dunque, e secondo quale criteri? 

Brooklyn Beckham, Hana Cross, Cruz Beckham, Romeo Beckham, Harper Beckham, David Beckham and Dame Anna Wintour attend the Victoria Beckham (Dave Benett/Getty Images)

Sicuramente l’ingresso, sebbene virtuale, alle sfilate sarà strettamente riservato, ma ci aspettiamo che un gruppo sempre più grande di “outsider” sarà in grado di acquistare i biglietti – se saranno messi in vendita. La moda lotta, per definizione, tra due poli opposti, in un ossimoro senza fine. Come sarà ripensato il rapporto tra esclusività e inclusione, nei front row digitali?

I big name del fashion system continueranno ad essere l’élite a cui le case di moda si rivolgono, insieme ai buyer più consistenti e ai VIP più ambiti. Forse però, si aprirà anche uno spiraglio per un pubblico più ampio. Dopo tutto, questa è anche la speranza del British Fashion Council, che vuole trasformare la piattaforma digitale in un terreno di esplorazione comune. Si incroceranno le voci, si moltiplicheranno i topic, si spazierà in campi ancora vergini. La piattaforma online darà spazio a tutto ciò che è valido e la programmazione sarà immensa, tra progetti, esibizioni e talks. Sarà un esperimento sfaccettato e fantasmagorico che coinvolgerà l’intero sistema culturale. 

Natalie Dormer and Jourdan Dunn on the front row at Gerrit Jacob’s mixed reality show
(PA Wire/PA Images)

Una nota a parte va per la svolta genderless. Anche in questo caso non siamo rimasti stupiti, ma ci troviamo senz’altro davanti ad una pietra miliare della storia della moda.  Da un lato la rivincita della moda uomo, per anni considerata di serie B e ora come non mai al centro dell’interesse e della ricerca. Dall’altro la lunga battaglia femminista a cui abbiamo accennato prima. L’abbigliamento è sempre stato il più potente – e il più sottovalutato – indicatore di genere: una fashion week genderless può davvero riportare tutti sullo stesso piano. Nel senso che saremo tutti autorizzati a far nostro ciò che più ci piace e ci ispira, senza tener conto del “sesso” a cui abiti e accessori sono riservati. 

Se è vero che i prossimi anni saranno all’insegna dell’incertezza, è anche vero che le cose migliori spesso nascono in condizioni di precarietà. Fa la differenza chi, nel cambiamento, vede le possibilità piuttosto che i problemi.  

Words by Giulia Greco

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