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Parigi Moda Uomo FW 2021: la moda tra filosofia e spensieratezza

Parigi Moda Uomo FW 2021: la moda tra filosofia e spensieratezza

La Moda Uomo di Parigi si è conclusa la scorsa domenica e ci è piaciuta tantissimo! Dopo quasi un anno di restrizioni ci stiamo tutti, addetti ai lavori e non, abituando a questa nuova realtà distanziata. Intendiamoci, si spera di tornare presto alla normalità, ma gli show digitali e le presentazioni alternative migliorano ad ogni nuova stagione e, di conseguenza, cominciamo a sentirne il fascino. Oltre a questo Parigi, patria dei romantici e delle arti, ci ha offerto una prospettiva tutta nuova sulla moda attuale e futura, diversa da quella tratteggiata finora a Milano. Le due capitali si sono mosse su binari paralleli ed entrambi i punti di vista sono interessanti per un’analisi approfondita sulle evoluzioni di sensibilità del presente. 

Se i predicati di Milano sono stati comfort, sicurezza e tradizione, a Parigi tutti (o quasi) i marchi hanno parlato di rinascita, eclettismo e divertimento. La moda è intrattenimento dopo tutto, per noi e per gli altri: se riusciamo a concentrarci sul suo lato ludico, forse saremo in grado di elaborare meglio gli effetti psicologici indotti dalla pandemia. Jonathan Anderson è stato, tra gli altri, il designer più abile a cogliere questo bisogno di rinnovamento gioioso che ci ha colti, chi put chi meno. Nonostante le difficoltà, il 2020 ci ha offerto una pagina bianca su cui riflettere, crescere e migliorare.

I due marchi di cui è direttore creativo, JW Anderson e Loewe, hanno presentato collezioni divertenti, audaci, “comunicate” attraverso formati altrettanto immaginifici. Per Loewe nello specifico, Anderson ha realizzato uno “show in a book”, naturale evoluzione dei suoi precedenti show-in-a-box e show-on-a-wall. Il libro – che sarà più avanti reso disponibile al grande pubblico – racconta della FW21 e di come sia stata ispirata dal genio multiforme di Joe Brainard: la sua opera è stata sublimata in capi speciali, e si è concentrata soprattuto sui pantaloni – culottes in stampe vagamente hippies, pantaloni ampissimi che si chiudono su se stessi e skinny in pelle nera e fibbie, dall’animo punk. 

Il punk lo troviamo anche, in forme diverse, da Yohji Yamamoto e da Rick Owens. Entrambi gli stilisti hanno un’estetica personalissima e incredibile sotto molti punti di vista. Soprattutto, non si piegano mai sotto il peso del presente, ma continuano secondo le loro idee, idolatrati soprattutto dalla stampa. A distinguere Parigi da Milano è stata, questa volta, anche la componente marcatamente filosofica di molte collezioni.

Owens, soprattutto, si è distinto per la profondità dei suoi ragionamenti come spesso succede. La sua collezione si intitola Gethsemane, che è il nome del giardino in cui Cristo si ritra a meditare e ad aspettare di compiere il suo destino di morte. Il nostro personale Gethsemane è stato forse il lockdown, spazio simbolico di reclusione fisica che ci ha permesso di riflettere, sospesi, nell’attesa di ciò che verrà. Tra poco, si spera, sarà tempo di raccogliere ciò che abbiamo seminato. Mentre la collezione è dirompente, anche nella sua sensualità, nasconde anche la volontà di farsi piccoli – di raccogliersi, appunto, in riflessione. I volti sono coperti, le zip delle felpe arrivano fin sopra la nuca. 

Altre collezioni decisamente teatrali sono state quella di Louis Vuitton by Virgil Abloh, Dior by Kim Jones e Y/Project. Per molti, la FW21 di Abloh per Louis Vuitton è stata una delle più mature del designer da quando è entrato in LVMH. Il video di presentazione, (Peculiar Contrast, Perfect Light) è bello, nel senso puro del termine, la collezione è movimentata, creativa, piena di spunti diversi, e le tematiche sviluppate sono, dal canto loro, più attuali che mai. L’appartenenza di genere, di classe e di etnia, gli stereotipi e le discriminazioni che ne derivano, si mescolano in looks che prendono a piene mani da tradizioni estetiche diverse e sfaccettate, per creare uno scambio multiculturale che non è solo all’insegna della semplice inclusivity (seppure il tema è molto caro al designer). Abloh va un passo oltre: la rappresentazione non è solo un dovere morale che l’industria della moda è stata chiamata a soddisfare, quanto piuttosto una fonte inesauribile di ispirazione che non dovrebbe andare sprecata. 

Dior Homme ha portato in scena una collezione pomposa, regale e vagamente militare. Niente di vecchio e stantio però, come questi termini potrebbero suggerire, tutt’altro. Per Jones è importante che la moda si prepari alla festa, perchè dopo un anno intero di restrizioni, questa sarà più viva che mai. Per Y/Project invece, lo spettacolo prescinde dal tempo e dallo spazio e si concentra interamente sui vestiti. I looks della FW21 sono arricciati, quasi leziosi e, come al solito, possono essere reinventati infinite volte, grazie ai vari trucchi che permettono di indossarli in molti modi diversi.

Dries van Noten ha presentato una collezione meno esuberante, più calma e riflessiva. I protagonisti sono i capi classici del guardaroba maschile – camice, pantaloni sartoriali e trench tra le altre cose – che però si modificano in vista del futuro. Le lunghezze cambiano, i colori si fanno intensi, i tessuti si mischiano. La bellezza sta nel vocabolario di van Noten, che riesce a rendere l’usuale estremamente eccezionale. Hermès si muove più o meno sulla stessa linea di pensiero, e propone una collezione quotidiana raffinata, mai scontata ma comunque all’insegna della facilità.

A marcare ulteriormente questa dolce idea di familiarità è però Jil Sander, la cui collezione è personale e delicatissima. I looks parlano di affetti familiari e calore, cose che a molti sono mancate durante il 2020. Una collana in metallo semplice porta come ciondoli le lettere M-O-T-H-E-R, la palette colori è bellissima, i disegni su maglie e pullover rompono il minimalismo solitamente austero dei coniugi Meier. 

Cover picture courtesy: LOEWE & Jil Sander

 

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