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“The Ecologista” – cos’è il greenwashing?

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Photography Flavia Sistiaga | Style Louis Guimard | Model Gabrielle Dubois | Style assistant Loic Bourgeois | Makeup, Hair Style Helena Henrion

Parlare di sostenibilità è diventato molto semplice oggi. Chiunque è disposto ad ascoltarti ed è un terreno fertile su cui costruire la propria reputazione: una carta da giocare senza troppi rischi. Proprio per questa relativa semplificazione del termine è di vitale importanza parlare di greenwashing. Per evitare prima di tutto che la sostenibilità divenga uno strumento facile con cui abbindolare il pubblico – tutti noi compresi.

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Il greenwashing, per chi non fosse ancora entrato a contatto con il termine, è la pratica di utilizzare la sostenibilità come strategia di marketing per accrescere il numero di clienti, senza avere un effettivo riscontro a livello pratico. In poche parole, possono essere accusati di greenwashing tutti quei marchi che si dichiarano eco friendly e ne fanno una bandiera, salvo poi impegnarsi veramente poco. O anche chi “nasconde” pratiche produttive dannose sotto comportamenti positivi non strettamente correlati. Pubblicità ingannevole, ecco di cosa si tratta in parole povere.

Non è difficile immaginare quanto il greenwashing sia effettivamente capillare nel sistema pubblicitario della moda, oggi che la sostenibilità si sta rivelando valore di importanza cruciale nella scelta di consumo da parte dei clienti, soprattutto i più giovani.

Non è difficile fare ricerca e, anche a piccoli passi, iniziare a saper distinguere tra ciò che è buono e ciò che non lo è. Basta un po’ di buona volontà.

Photography Flavia Sistiaga | Style Louis Guimard | Model Gabrielle Dubois | Style assistant Loic Bourgeois | Makeup, Hair Style Helena Henrion

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Internet è il posto migliore da cui iniziare, anche se è spesso un’arma a doppio taglio. Certe informazioni sono tuttavia chiare e indiscutibili e costituiscono quel bagaglio essenziale che tutti dovremmo avere. Per esempio conoscere i tessuti, la loro provenienza e la loro lavorazione. Privilegiare le fibre naturali come la lana, il cotone, la viscosa o la canapa (sì, la canapa! La fibra più innovativa e più antica allo stesso tempo) è molto importante, anche se non sufficiente. Le fibre sintetiche e artificiali, che arrivano principalmente dalla plastica, sono estremamente dannose non solo in fase di produzione ma anche dopo, vita natural durante. Non tutti sanno infatti che ogni volta che un capo in poliestere viene lavato rilascia nell’acqua una certa quantità di particelle di plastica che aggiungono nuovo inquinamento nell’ecosistema, in un ciclo potenzialmente infinito. Le aziende che dimostrano di utilizzare fibre naturali sono solitamente più coscienziose di altre.

I prezzi e il numero di capi per collezione è un altro modo diretto con cui valutare un brand. Prezzi bassi e innumerevoli collezioni per anno sono indice di basso (se non inesistente) rispetto per l’ambiente e probabilmente di un sistema di produzione veramente inquinante.

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words by Giulia Greco

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